domenica 5 aprile 2009

Ciò che sarà utile alla città è una biblioteca aperta!

Lecce. La “leggenda” racconta che, nel luglio del 2005, “Oronzo e Irene”, si misero d’accordo: il patrono reggente della città e la Santa Esclusa per una volta, trovarono il “bene comune” e con loro le molte anime della creatività leccese. Tutti insieme a lavoro per una grande performance collettiva - l’ennesima di una consuetudine che con passione e generosità aveva ‘sdoganato’ dai primi anni Novanta, in città luoghi chiusi, abbandonati alla polvere e al silenzio - quella fu la volta dell’ex Convitto Palmieri! Un “cantiere di cultura” (così si chiamavano all’epoca, eravamo all’indomani dell’elezione alla regione del poeta Vendola, ed era dato a tutti di sognare) che con il suo successo sancì però la fine di un modo d’operare votato alla coralità e alla reciproca valorizzazione.

A dare le chiavi del “maniero incantato” fu l’Amministrazione Provinciale, la Presidenza direttamente - senza passare dalla vuote stanze dell’allora Assessorato alla Cultura - con un pò di lirette (pochissime) che servirono al noleggio dei materiali utili ad illuminare i grandi spazi e... le rovine presero luce e aria soprattutto. Per dovere di cronaca lo spazio l’avevano ‘odorato’ qualche mese prima RES e la Loop House che ci ambientarono una residenza-scambio con delle artiste greche: “Io non parlo italiano”, il titolo.

Non è passato molto tempo da quelle intense giornate e Giovanni Pellegrino, presidente a fine mandato, potrà tagliare il nastro. Ma per innaugurare cosa? La ritrovata sede della Biblioteca Provinciale che s’allarga negli spazi della fabbrica confinante o qualcosa di più? Qualcosa di veramente nuovo ed innovativo (parola che non mi piace) per la città o il solito spazio della bellezza burocratizzata?

Mostrare i luoghi significa sempre individuarne una nuova vocazione, l’Isola della Cultura divenuta il fiore all’occhiello dell’amministrazione provinciale nasce da quella intuizione, da quell’attraversamento creativo che nei giorni di “Oronzo e Irene” discusse e si confrontò con i tecnici che già lavoravano al recupero delle sale della biblioteca, la virata creativa significativamente trovò sponda nelle ipotesi progettuali di chi era chiamato a re-immaginare la funzione di quegli spazi. Un buon passo! Che in corso d’opera ha però perso il ritmo comune. Distratti dall’affidamento degli stabilimenti del Cnos, dalle disarmonie intervenute, non so dire (o forse si) ma ciò che si è creato, a mio personale avviso, è un arretramento della riflessione sui luoghi e sul loro destino di contenitori-produttori di cose culturali.

Ciò che sarà utile alla città è uno spazio aperto, una biblioteca attraversabile, viva, come tante in Europa, capace di accogliere soprattutto chi non legge, sforzo non da poco che al centro mette il concetto-valore della condivisione e dell’accogliere. Una domanda per tutte: chi è stato preparato alla gestione della nuova risorsa? Chi sarà chiamato a relazionarsi con il pubblico? Con quali progetti? Con quale confronto? [Mauro Marino]

1 commento:

Anonimo ha detto...

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